Il termine “caregiver” è un termine inglese che si usa ormai comunemente anche in italiano per indicare gli individui che assumono il ruolo di cura. Più dettagliatamente si parla di caregiver familiare per riferirsi a colui che quotidianamente e gratuitamente si dedica a un membro della propria famiglia disabile, affetto da disturbi psichiatrici o anziano non autosufficiente e/o affetto da demenza.
Una ricerca Istat del 2015* ha rilevato che in Italia è circa del 17% la percentuale di caregiver familiari.
Questo dato mette in luce come tale situazione coinvolga un gran numero di persone, tanto che anche il diritto ha iniziato ad interrogarsi su questa figura.
Il caregiver è colui che gestisce tutti gli aspetti della vita della persona che assiste: dalle pratiche amministrative, passando per la cura dell’igiene personale, a tutti gli aspetti medici e sanitari (somministra terapie farmacologiche, impara a maneggiare attrezzature mediche..). Si assume quindi un enorme carico.
Per questo anche la legge italiana ha cominciato a interessarsi della tutela di chi riveste questo ruolo. Infatti, con la legge 104/92, in particolare con l’art. 33, ha introdotto la concessione di permessi retribuiti a favore del caregiver familiare lavoratore. Questo significa che il caregiver familiare ha diritto a tre giorni, anche consecutivi, di permesso mensile retribuito. Inoltre, recentemente, è stato introdotto anche un “congedo straordinario” che consiste nell’astensione indennizzata del caregiver familiare per un periodo, anche frazionabile, non superiore a 2 anni, indipendentemente dal numero dei familiari assistiti.
Tali agevolazioni, oltre a rimandare una presa di consapevolezza istituzionale sul carico che il caregiver affronta, possono essere anche un discreto aiuto nell’attività di cura. Infatti, non si deve dimenticare che il caregiver, oltre ad essere tale, è anche una persona che spesso si occupa delle propria famiglia e del proprio lavoro. La possibilità di accedere ai congedi previsti dalla legge può essere un primo modo per agevolare una situazione gestionale difficile e faticosa.
Può essere utile sapere che per richiedere i congedi previsti dalla legge 104/92, devono sussistere alcune condizioni: l’assistito deve essere portatore di un handicap grave e non deve essere ricoverato stabilmente in una struttura; il caregiver deve essere un parente prossimo della persona malata (entro il secondo grado di parentela, terzo in alcune eccezioni); per il medesimo assistito il diritto non può essere riconosciuto a più di un caregiver (fatta eccezione per i genitori di un figlio con handicap). È utile sapere anche che il caregiver che assiste contemporaneamente più persone può richiedere il diritto per ognuna di esse.
Accanto a tutti gli aspetti di cura concreta a cui ci siamo riferiti fin ora, è importante sottolineare e non sottovalutare anche il carico emotivo che il caregiver si trova a gestire. Infatti, se da una parte si deve occupare anche dell’emotività della persona che assiste (spesso chi soffre di una disabilità fisica o mentale, così come l’anziano non più autosufficiente, manifesta una significativa sofferenza psicologica), dall’altra si trova a gestire anche le proprie emozioni, spesso intense e ambivalenti, che il prendersi cura di un proprio caro sofferente smuove.
Per questo non è insolito che il caregiver arrivi a vivere uno stato di forte stress che si accompagna al rischio di perdersi dietro alla persona di cui ci si prende cura. Come se a un certo punto non ci fosse tempo e spazio per altro.
Si può pensare allo stress del caregiver come a un bicchiere che giorno dopo giorno viene riempito di sostanze e liquidi diversi…. fatica fisica, preoccupazione, ansia, soddisfazione, paura, rabbia, senso di colpa…. il caregiver spesso, così abituato a guardare l’altro, tende a dimenticarsi di sé, a mettersi sempre in secondo piano. Per questo è estremamente importante trovare il modo di svuotare il bicchiere, ogni giorno un po’: parlare con un amico, manifestare i propri sentimenti, dedicarsi a un proprio interesse, delegare ad altri piccoli aspetti della cura del proprio caro… in sintesi, ricordarsi di esserci.
Se questo non avviene può capitare che a un certo punto il bicchieri strabordi e che la persona venga travolta da un forte malessere che può manifestarsi sotto varie forme: ansia, paura, apatia, agitazione, scoppi di rabbia, depressione…
Se questo accade diventa ancora più importante riconoscerlo e chiedere e accettare aiuto: dalla famiglia, dagli amici e se necessario da un professionista. Chi è abituato a dare spesso dimentica di poter anche ricevere. Per questo il bicchiere che straborda può diventare l’occasione per riportare l’attenzione su di sé e per ritrovare un nuovo equilibrio che possa fare stare bene.
A cura di
Avv. Jessica Buda
Dott.ssa Giulia Franco – Psicologa Psicoterapeuta**
*ISTAT, Indagine “Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari in Italia e nell’Unione europea”, 2015
** Dott.ssa Giulia Franco - Psicologa e Psicoterapeuta, Chieri e Torino (TO) - +39 328 0605578 - https://giuliafrancopsicologa.wordpress.com
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